Riordino: non si poteva dire no, ma il testo va migliorato dalle Camere
Con costante impegno abbiamo partecipato prima agli incontri avviati nella primavera scorsa, poi ai lavori dell’apposito tavolo tecnico istituito dopo l’incontro con il Capo della Polizia del 1° giugno, dove criticammo aspramente le bozze che ci erano state già sottoposte perché, a nostro modo di vedere, non rispondevano a nessuno degli obiettivi che un vero riordino destinato ai poliziotti avrebbe dovuto prefiggersi.
I buchi nell’organico dei ruoli intermedi, determinati dai mancati o ritardati concorsi hanno determinato, nella sola Polizia di Stato, una situazione peculiare, dove sono state a lungo mortificate le legittime aspirazioni di miglioramento delle posizioni ordinamentali – e non solo economiche – di decine di migliaia di colleghi che nel tempo hanno visto i loro “coetanei” carabinieri allontanarsi sempre di più.
All’inizio i miglioramenti riguardavano una sparuta minoranza, anche a causa delle ridottissime disponibilità economiche, ma le rassicurazioni del Governo di allora, che aveva già stanziato circa mezzo miliardo per il bonus di specificità attribuito al personale non dirigente del nostro comparto a prescindere dai limiti di reddito, hanno poi consentito di mettere a punto un intervento molto più consistente e generalizzato.
Sotto l’aspetto economico ricordiamo che abbiamo sempre posto come condizione pregiudiziale che il riordino non facesse perdere gli 80 euro alle qualifiche di base, ma abbiamo puntato molto anche sulle opportunità concrete che ciascuno deve avere per migliorare la sua posizione ordinamentale recuperando, con meccanismi realmente agevolati e rapidi, quelle ormai perdute negli ultimi due decenni.
Lo stanziamento del precedente Governo e la ripartizione delle risorse operata in continuità di intenti e di azione da quello attuale non hanno precedenti, soprattutto se rapportati al delicatissimo momento di crisi economica che il nostro Paese sta vivendo e lasciar scadere di nuovo la delega rappresentava un rischio troppo grande in un momento in cui l’Esecutivo è a caccia di soldi per l’imminente manovra correttiva.
Il confronto tra comandi ed amministrazioni è stato lungo e complesso, mentre quello tra i sindacati del personale della Polizia di Stato e l’Amministrazione della pubblica sicurezza è stato concentrato in realtà nell’ultimo mese e mezzo, entrando davvero nel vivo solo nel momento in cui c’è stata una relativa certezza sugli stanziamenti effettivi, dovendosi come noto attendere il famoso DPCM di ripartizione delle risorse.
Premesso che non è stato fatto nessun negoziato, cioè i sindacati non hanno firmato assolutamente nulla perché il nostro assenso non è previsto, il confronto con l’Amministrazione è divenuto sempre più serrato solo nelle ultime fasi e rispetto alle ipotesi iniziali sono stati ottenuti concreti miglioramenti economici per tutte le posizioni, così come sono stati ottenuti più posti, più concorsi e più semplici.
L’obiettivo economico era e rimane quello di far avere a tutti un miglioramento economico netto che, tra aumento dei punti parametrali e defiscalizzazione delle competenze accessorie, consentisse a tutte le posizioni, a partire da quella dell’agente, un miglioramento economico strutturale netto che a regime risulti almeno pari agli 80 euro che le amministrazioni hanno deciso di far assorbire nel riordino.
Ci è stato assicurato che, grazie alla defiscalizzazione delle accessorie, questo obiettivo è stato centrato ed aspettiamo il testo definitivo uscito dalla riunione del Consiglio dei Ministri – per ora disponiamo ancora e solo di quello che vi è entrato – per accertarcene, ma non abbiamo particolari dubbi al riguardo, giacché gli impegni presi dall’Amministrazione sotto l’aspetto economico sembrano essere stati mantenuti.
Sul piano economico il riordino distribuisce infatti risorse a tutti e dalla sua entrata in vigore ogni posizione guadagnerà di più di quanto fino al giorno prima guadagnava la posizione immediatamente superiore: l’agente guadagnerà di più quanto prima del riordino guadagnava l’agente scelto, il quale guadagnerà di più di quanto prima del riordino guadagnava l’assistente e così via, dando una promozione economica a tutti.
Purtroppo non si può dire lo stesso per gli aspetti ordinamentali, perché per la progressione dalle qualifiche apicali di ciascun ruolo a quelle iniziali di quello superiore si è insistito a prevedere per personale spesso vicine alla pensione concorsi – che sono lunghi, costosi e comportano scavalcamenti – invece che selezioni analoghe a quelle previste nel 1995, che viceversa sono immediate, economiche e senza scavalcamenti.
La percorrenza all’interno dei singoli ruoli è stata accorciata, ma ciò appare ancora insufficiente se non si ricalcola le anzianità applicando lo “sconto” anche agli assistenti ed ai sovrintendenti che sono già giunti alla qualifica apicale ai fini dell’attribuzione del “coordinatore”, mentre i tempi di percorrenza per giungere all’apice del ruolo ispettori sono ancora eccessivi e molti rischiano di non raggiungere l’apice.
A quanto pare permangono problematiche di natura culturale o, per meglio dire, ideologica: ci è stato detto che il Ministero dell’economia e finanze sarebbe contrario ad inquadramenti automatici, che non ci sono stati per alcuni ruoli ma, e ne siamo lieti, per altri si; ci è stato detto no ad aumenti immediati di posti o a fare inquadramenti in sovrannumero per gli stessi ruoli, mentre ciò è stato fatto per altri, e ne siamo lieti.
Ci sono alcuni aspetti emblematici di questo aspetto che possiamo prendere come esempio: dopo aver giustamente “dirigenzializzato” tutti gli attuali funzionari ed altrettanto giustamente specificato che il ruolo degli ispettori ha una “carriera a sviluppo direttivo”, mentre si introduce l’obbligo del diploma per l’accesso al ruolo di base, che senso ha definire quest’ultimo e quello dei sovrintendenti come “esecutivi”?
Le competenze richieste per il nostro lavoro nella società di oggi e le connesse responsabilità amministrative, civili e penali sono incompatibili per un profilo “esecutivo” ed infatti viene introdotto l’obbligo del diploma, per cui appare evidente che le mansioni sono “di concetto”: eliminare un aggettivo che mortifica ed umilia non costerebbe un euro ma sarebbe un riconoscimento morale che sarebbe certamente apprezzato.
Con la norma attuale un ispettore superiore che va in pensione viene nominato il giorno dopo commissario: se il testo del riordino non cambia un sostituto commissario – di fatto suo superiore – se andrà in pensione dopo magari una sola settimana verrà invece nominato vice commissario. Anche in questo caso cambiare quest’assurdità non costerebbe assolutamente nulla, ma eviterebbe altre ed inutili mortificazioni.
Oggi, se un collega ha un grave incidente o contrae una malattia invalidante, anche di tipo psichiatrico, viene riformato e può transitare nei ruoli tecnici o nelle amministrazioni civili dello Stato, mentre se perde la semplice idoneità perde il posto di lavoro e basta: avevamo chiesto sul tavolo delle sorveglianza sanitaria che questa possibilità di transito venisse data anche a quest’ultimo e ci era stato assicurato, ma niente.
Per non parlare dell’accesso al ruolo superiore dei sostituti commissari: dopo aver omesso il concorso per 17 anni adesso viene imposto a persone di oltre 55 anni in media di passere nell’imbuto di posti insufficienti ed aspettare corsi che si articoleranno in anni per andare a fare le stesse cose che fanno adesso con lo stesso stipendio senza garanzia della sede, mentre chi non supererà il concorso sarà schiacciato in basso.
Si sa che non di solo pane vive l’uomo: moltissimi erano in attesa di una soddisfazione professionale o quantomeno di una possibilità concreta e veloce di ottenerla, ma sono stati previsti per i più anziani, penalizzati negli ultimi vent’anni, concorsi che avranno uno svolgimento lungo ed incerto a seguito del quale molti potrebbero essere andati in pensione prima di essere promossi.
Analoga mortificazione hanno ricevuto i più giovani, che non hanno alcuna reale agevolazione nonostante anch’essi abbiano patito per anni la mancanza di concorsi cui potessero partecipare e che nel concorsone non avevano alcuna speranza: una risposta va data anche a questi ragazzi, che rischiano di perdere ogni motivazione sentendosi abbandonati a loro stessi dopo che erano state alimentate tante aspettative.
Dire no e basta abbandonando il tavolo o scendere in piazza avrebbe solo ridotto le nostre possibilità di incidere sul risultato di quello che è solo il primo step del provvedimento: questo per noi sarebbe stato tradire il mandato ricevuto dai colleghi che rappresentiamo, col rischio di far scadere la delega e rinunciare così al finanziamento proprio mentre, come accennato, il Governo è a caccia di soldi per la manovra.
Restiamo quindi in attesa del testo bollinato che uscirà da Palazzo Chigi per essere esaminato dal Consiglio di Stato e dal Parlamento, dove porteremo, argomenteremo e sosterremo le nostre proposte: ribadiamo l’apprezzamento per il Governo e non neghiamo che l’Amministrazione abbia fatto passi avanti, ma ancora non basta e quindi non risparmieremo sforzi affinché si giunga al miglior risultato possibile.
Il poliziotti lo meritano, ne hanno pieno diritto e noi siamo con i poliziotti, sempre.
Roma, 25 febbraio 2017