Risarcibile la mancata «chance» di avanzamento
Con lettera al Capo evidenziamo altresì le sperequazioni a danno di agenti e assistenti PolStato
Al Prefetto Franco Gabrielli
Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza
c/o Ministero dell’interno – Palazzo Viminale
Roma
Oggetto: riordino delle carriere, nuova sentenza del Consiglio di Stato ed antiche sperequazioni.
Signor Capo della Polizia,
nel mentre siamo in attesa di conoscere le nuove ipotesi che codesto Dipartimento sta elaborando anche sulla base del serrato confronto avuto nei mesi scorsi con i rappresentanti del personale della Polizia di Stato, ci pregiamo portare alla sua attenzione una recente sentenza del Consiglio di Stato mediante la quale l’alto consesso sancisce, per le amministrazioni pubbliche, l’obbligo di risarcire la perdita di chance professionali derivante dalla mancata possibilità di partecipare a procedure concorsuali interne cui – viceversa – per posizione soggettiva si avrebbe avuto il diritto di partecipare, qualificandola tale perdita alla stregua civilistica del danno emergente e non, come da più parti si vorrebbe, del lucro cessante: ipotesi che, entrambe, presuppongono responsabilità.
A nulla rileva, secondo il massimo giudice amministrativo, il fatto che per l’interessato non vi era alcuna certezza di superare detti concorsi in quanto «il livello di certezza può semmai incidere sulla quantificazione della chance in termini economici (maggiore è la probabilità maggiore è il valore economico della chancee viceversa), ma non incidere sull’andel risarcimento».
Il Consiglio di Stato – nel deliberare il caducamento della sentenza del Giudice di prime cure – il Tar Toscana, che aveva argomentato che la chance «di accedere alla superiore qualifica» fosse una «situazione indimostrata ed indimostrabile in quanto del tutto ipotetica ed eventuale», rifacendosi al principio dell’id quod plerumque accidit cita altresì testualmente: «Il criterio sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 581) è, infatti, quello che corrisponde alla formula del “più probabile che non”, in forza della quale il rapporto di causalità si considera provato ogni volta che l’ipotesi che sia stata proprio la condotta controversa a cagionare l’evento è quella più probabile, rispetto all’ipotesi alternativa».
Appaiono ictu oculi evidenti portata e portato di questo pronunciamento nello scenario che si sta delineando sul tavolo nella definizione delle modalità di accesso dall’interno ai ruoli dei sovrintendenti, degli ispettori e dei commissari, nel cui ambito ci preme altresì evidenziare alcune sperequazioni, relative all’accesso ai ruoli di base che avviene in parallelo con altre Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, che non sembrano aver trovato sinora adeguata valutazione.
In base al principio di equiordinazione – che il riordino del 1995 avrebbe dovuto garantire – la retribuzione ed il percorso di carriera, quantomeno sotto l’aspetto retributivo e prima della partecipazione ad eventuali concorsi o selezioni, dovrebbero essere assolutamente identici in seno a ciascun ruolo in cui si articola ognuna delle Forze appartenenti al Comparto sicurezza e difesa.
Purtroppo non è così che è andata e, per meglio comprenderlo, ci pare opportuno procedere con il classico esempio del quattro gemelli che, nello stesso giorno, vengono avviati alla frequenza del corso di formazione iniziale: Antonio (A) per la Polizia di Stato; Benedetto (B) per l’Arma dei carabinieri; Carlo (C) per il Corpo forestale dello Stato e Donato (D) per il Corpo di polizia penitenziaria.
Per i primi sei mesi accade che:
A. riveste la qualifica di allievo agente e percepisce una paga sensibilmente inferiore allo stipendio previsto per il personale che riveste la qualifica di agente e gradi equiparati;
B. riveste la qualifica di allievo carabiniere e percepisce una paga sensibilmente inferiore allo stesso stipendio, ma continua a godere dei benefici per carichi di famiglia che, da quando nelle Forze di polizia si è entrati attraverso il servizio “volontario” nelle Forze armate, quasi tutti hanno;
C. riveste la qualifica di agente in prova del Corpo forestale dello stato, percependo pertanto un trattamento economico di base notevolmente superiore mentre continua – altresì – a godere dei benefici per carichi di famiglia;
D. riveste la qualifica di allievo agente e percepisce una paga sensibilmente inferiore allo stipendio previsto per il personale che riveste la qualifica di agente e gradi equiparati.
Già nei primi sei mesi, dunque, iniziano patenti ed immotivate sperequazioni i cui effetti si riverbereranno financo sul trattamento pensionistico che, come noto, per questi ragazzi è computato per intero con il sistema di calcolo contributivo e quindi basato unicamente sul montante contributivo, vale a dire la somma di tutti i contributi versati nell’arco dell’intera vita lavorativa.
Ma vi è di più, e di peggio: solo per il nostro gemello Donato «Il servizio prestato in ferma volontaria o in rafferma della forza armata di provenienza è utile, per la metà e per non oltre tre anni, ai fini dell’avanzamento nel Corpo di polizia penitenziaria» (art. 5, co. 6, decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, recante l’«Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395».
Ci pare dunque evidente che, anche per questo particolare – che va ad aggiungersi agli altri già congruamente sottolineati – in sede di riordino non si potrà non tener conto della necessità di dare un idoneo riconoscimento economico ed in termini di avanzamento al personale appartenente al ruolo di base per questa sperequazione, insieme alle mancate chance per i concorsi banditi in ritardo o addirittura mai banditi, nonostante specifiche norme di rango primario li prevedessero, mentre non si potrà avere alcun assenso del Sindacato ad astratte ipotesi di riordino che non prevedano un preventivo esame dettagliato degli articolati relativi a tutte le Forze di polizia.
Con la più viva cordialità.
Roma, 3 ottobre2016
Il Segretario generale