Tempi troppo lunghi per la liquidazione della buonuscita: si pronuncerà la Consulta

 

I tempi per la liquidazione della buonuscita sono davvero troppo lunghi.

La seconda Sezione Lavoro del Tribunale di Roma, a seguito di un ricorso contro l’eccessivo dilazionamento della buonuscita,  ha sospeso il giudizio e trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale.

Nell’ordinanza di rinvio alla Consulta disposta dai Giudici del Tribunale di Roma, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 Ottobre 2018,  si legge che una corresponsione dilazionata e rateale del trattamento di fine servizio può essere disposta in via congiunturale e programmatica, comunque temporanea, con specifico riferimento alla gravità della situazione economica in un determinato periodo di crisi del Paese ma e non in via generale, permanente e definitiva, come invece avviene oggi.

Nel 2010-2011,  il  Governo Berlusconi, invocando esigenze di contenimento della spesa pubblica, aveva rallentato i processi di liquidazione  in favore dei dipendenti del pubblico impiego che vanno in pensione.

La legge di stabilità per il 2014  del Governo Letta,  ha ridotto ulteriormente l’importo della quota di buonuscita liquidabile  in unica soluzione, portandolo dai 90.000 euro previsti a 50.000.

Sono stati anche  allungati i tempi di pagamento in base alle ragioni della cessazione del rapporto di lavoro. Attualmente sono previsti, infatti, diversi tempi di attesa per l’erogazione del trattamento in relazione ai motivi della cessazione del rapporto di impiego.

Si va da un minimo di 105 giorni, in caso di decesso o inabilità, ad un massimo di oltre 2 anni per casi come la pensione anticipata a domanda.

Nel settore privato i tempi per la liquidazione sono molto più rapidi, uno o due mesi a seconda delle categorie.

I dipendenti pubblici compresi i lavoratori del Comparto Sicurezza e Difesa,  soggiacciono alla rateazione.

Il pagamento, per coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro perché raggiunti i requisiti della pensione, avviene, come chiarito dalla circolare Inps n. 154 del 17 settembre scorso, in questo modo:

  • Unica soluzione se la liquidazione non supera i 50.000 euro.
  • 2 rate annuali: se l’ammontare è tra i 50.000 e i 100 mila euro.
  • 3 rate annuali: se il totale supera i 100.000 euro. In questo caso la prima e seconda rata sono di 50 mila euro e vengono erogate rispettivamente a 6 e a 12 mesi da quando decorre il diritto alla liquidazione della prima indennità, successivamente viene pagata la quota residuale con la terza rata.

Il pagamento della liquidazione per i colleghi in pensione dal 1° gennaio 2018 avviene dopo 12 mesi con trattamento pensionistico senza penalizzazioni e dopo 24 mesi se il trattamento pensionistico è erogato con penalizzazioni. Secondo le nuove disposizioni l’erogazione avviene, entro 105 giorni in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso. Non prima di 1 anno invece se la cessazione del rapporto avviene per pensionamento dovuto al raggiungimento dei requisiti di servizio o per età. Non prima di 24 mesi se la cessazione avviene per dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento, destituzione.

Questa disparità di trattamento fra dipendenti pubblici e privati, secondo i giudici del Tribunale di Roma può trovare la sua unica giustificazione sotto il profilo costituzionale, nell’articolo 81, che tutela l’equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio statale, tenendo conto delle fasi avverse del ciclo economico.

Queste esigenze però possono giustificare un intervento temporaneo sulla erogazione della liquidazione ma non può determinare una protrazione permanente, della dilazione e della ratealizzazione della buonuscita.

Per questo i Giudici hanno rinviato gli atti alla Corte Costituzionale fatto che potrebbe determinare una decisione nel senso di liquidare la buonuscita  nei tempi molti più rapidi previsti in passato senza disparità di trattamento nei confronti dei dipendenti privati.

 

 

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